LE TECNICHE PITTORICHE Torna all'indice

GENERALITA’

AFFRESCO

STRAPPO E STACCO

MEZZI LEGANTI E CARICA

ENCAUSTO

TEMPERA

OLIO

ACQUERELLO

PITTURA SU TAVOLA

PITTURA SU TELA

STUCCHI

PIGMENTI

TECNICHE DI ANALISI

 

GENERALITA'

In un dipinto si possono generalmente individuare tre elementi: il supporto, la preparazione e il film pittorico.

Il supporto è la parete nella pittura murale, la tavola lignea nella pittura su tavola, la tela tesa su un telaio nella pittura su tela, la lastra metallica, il foglio di pergamena o di carta, il vetro nella vetrata, la stoffa, il cuoio, la ceramica, ecc. Sul supporto è stesa la preparazione, uno strato non trasparente, in genere bianco, destinato a ricevere il film pittorico. Il film pittorico, con spessore variabile ma dell'ordine di qualche millimetro, può essere protetto da una vernice trasparente e incolore.

La vernice è una resina vegetale o sintetica applicata a pennello o a spruzzo in modo omogeneo sullo strato pittorico. La vernice, oltre a proteggere meccanicamente il film pittorico, esercita una funzione ottica eliminando la dispersione della luce per riflessione diffusa, "scattering", rendendo i colori più luminosi e brillanti.  Poiché la vernice è una resina insolubile in acqua, la vernice può essere pulita con del cotone imbevuto di acqua, se è il caso. Nel tempo la componente ultravioletta della luce altera la vernice che assume una colorazione giallastra. L’ingiallimento tende ad oscurare il dipinto e la vernice dovrà essere rimossa e sostituita da una vernice nuova.

Riflessione speculare della luce sulla vernice.

Riflessione diffusa in assenza di vernice se le asperità superficiali dello strato pittorico hanno dimensioni minori della lunghezza d’onda della luce: 4 000-7 000 Å  (1 Å  = 10 cm-8).

La diffusione determina un abbassamento della luminosità dei colori.

I colori sono dati dalla parte di luce bianca non assorbita dai pigmenti minerali. Questi pigmenti sono macinati e stemperati in un mezzo legante liquido e la miscela risultante è generalmente stesa a pennello sulla preparazione. Dopo stesura i granuli di pigmento sono inglobati nel film pittorico grazie a delle reazioni chimiche che avvengono nel mezzo legante. Il mezzo legante DEVE alterarsi chimicamente dando uno strato pittorico che solidifica rapidamente all’aria mantenendosi nel tempo trasparente e cromaticamente inattivo. La trasformazioni chimiche del mezzo legante non dovrebbero coinvolgere i pigmenti. I pigmenti minerali dovrebbero essere insolubili nel mezzo legante, essere non trasparenti o poco trasparenti e soprattutto mantenersi inalterati nel tempo.

Il film pittorico può essere steso con varie tecniche come l'encausto, l'affresco, la tempera, l'olio, l'acquerello ecc. tecniche diverse per il mezzo legante usato. 

La visione di un dipinto è dovuta a una serie di riflessioni e rifrazioni a cui è soggetta la luce quando attraversa mezzi a densità diversa e diverso indice di rifrazione (n = sen i/sen r con i = angolo di incidenza maggiore di  r = angolo di rifrazione).La luce che arriva alla preparazione,in genere bianca e non trasparente,è riflessa o diffusa tornando indietro.

Se il pigmento non è trasparente la luce è semplicemente riflessa o diffusa: se i granuli sono grandi si ha semplice riflessione altrimenti si ha scattering con maggiore opacità. Se il pigmento è trasparente e il suo ’indice di rifrazione  è simile a quello dello strato pittorico , la deviazione è scarsa e la luce viene riflessa verso l’occhio con colori brillanti e luminosi. Se l’indice di rifrazione dei pigmenti è maggiore, la luce è deviata ed il colore percepito è più opaco. In presenza di pigmenti molto suddivisi e con alto indice di rifrazione si hanno colori opachi

AFFRESCO                                                                 torna sù

E' una tecnica antichissima, particolarmente usata nelle pitture murali. Il termine affresco deriva da "a fresco" e indica la pittura stesa a pennello su un intonaco umido, non secco. Prima della stesura pittorica la superficie della parete, soffitto, volta, arco, nicchia, ecc. è resa piana e liscia con uno strato preparatorio, detto preparazione, e il film pittorico è steso sulla preparazione. Poiché una buona preparazione è essenziale per la conservazione nel tempo dell'affresco essa è stata sempre curata. 

La preparazione può essere costituita da più strati. Il primo strato, detto arriccio (da a riccio), è formato da sabbia e idrato di calcio, Ca(OH)2, stesi sulla superficie grezza del supporto ben bagnato con acqua. Se un intonaco è già presente questo può essere riutilizzato picchettandolo con colpi di martello per aumentare la superficie di contatto e facilitare l'adesione del nuovo strato.

La sabbia usata è sabbia di fiume non di mare. La sabbia di mare contiene sali solubili che, entrando in circolazione, possono contribuire al degrado del manufatto. Dal punto di vista strutturale, la preparazione serve a rendere omogenea la transizione tra supporto e film pittorico. L'idrato di calcio si otteneva spegnendo l'ossido di calcio in molta acqua e per tempi prolungati. La non osservanza di questo accorgimento può determinare nel tempo la formazione o l'esplosione  di antiestetici bottoni sul dipinto

Dopo l'arriccio è presente l'intonaco formato da sabbia fine e calce. 

 

Sequenza degli strati e delle fasi operative in un affresco:

0

muro

1

arriccio

2

sinopia

3

intonaco

4

ripresa del disegno, campitura del colore;

 

Sull'arriccio può essere schizzato un disegno preparatorio, ripreso a fresco sull'intonaco dove il film pittorico è steso a pennello. Il disegno preparatorio di colore rosso carico, più o meno elaborato, è chiamato sinopia. La sinopia, già nota ai Greci e ai Romani, indicava una ocra rossa, formata prevalentemente da ematite Fe2O3, importata da Sinopia (Turchia). Oggi il termine sinopia indica un disegno preparatorio di qualunque colore.

Disegno preparatorio visibile dopo lo strappo dell'affresco.

La superficie dell'arriccio era divisa in almeno due parti mediante un segmento verticale ottenuto battendo un filo imbevuto di sinopia contro la superficie che restava segnata. Centrando la punta libera di un compasso (con all'altra estremità un pennello) prima nell'estremo superiore e poi in quello inferiore del segmento verticale, si ottenevano due archi di cerchio intersecanti in due punti. Questi individuano una linea orizzontale. Le due perpendicolari evidenziano il cosiddetto punto di vista. Nell'arriccio delle grandi composizioni pittoriche può essere presente un reticolato di linee orizzontali e verticali che aiutano a riportare il disegno dei cartoni. 

Successivamente col carboncino, ottenuto bruciando rami di salice o di tiglio, si abbozzava il disegno i cui tratti erano facilmente cancellabili e modificabili. I contorni erano definiti prima con un leggero strato di ocra gialla e poi con uno strato di ocra rossa dopo aver cancellato il primo abbozzo a carboncino con un mazzo di penne. Il disegno preparatorio sull'arriccio era ripreso a fresco sull'intonaco dove il film pittorico era steso a pennello. 

I granuli di pigmento stemperati in acqua o in latte di calce sono stesi a pennello sulla preparazione fresca. La soluzione acquosa in cui è sciolta l'idrato di calcio Ca(OH)2, migra dall'interno della preparazione verso la superficie esterna dove reagisce con l'anidride carbonica dell'aria. Inizia la reazione chimica, Ca(OH)2 + CO2 = CaCO3 + H2 detta di carbonatazione, che trasforma l'idrato di calcio in carbonato di calcio.

Grazie alla carbonatazione, nell'interfaccia preparazione/atmosfera si forma un velo trasparente, una matrice quasi cristallina di carbonato di calcio che ingloba i pigmenti. Questo film trasparente ha una funzione ottica e di protezione meccanica paragonabili a quella svolta dalla vernice.

La carbonatazione è un processo veloce in superficie ma  lento nella massa perché ci vogliono mesi per permettere all'anidride carbonica atmosferica di penetrare nella preparazione e all'acqua dell’interno per arrivare all'esterno per evaporare. 

Poiché la carbonazione è veloce in superficie, nella tecnica dell'affresco non sono ammessi improvvisazioni o pentimenti. E' necessario preparare uno o più contorni del disegno con un reticolato (scala 1:1). Ritrovati i punti fissi sul muro, si appoggia il cartone sull'intonaco e lo si spolvera. Lo spolvero consiste nel bucherellare i contorni della composizione disegnata sul cartone e nel battere contro un sacchetto pieno di polvere di carbone o di polvere di terre di vario colore. In questo modo si ha sull'intonaco la riproduzione a punti della scena disegnata. Sono anche stati usati modelli in scala

Quando l'affresco è secco, si possono inserire le velature, i rifinimenti, a tempera o ad olio e le dorature più o meno estese.

 

Giotto, Capella degli Scrovegni di Padova. Rifiniture a tempera della veste della Vergine in parte cadute lasciando trasparire il colore sottostante steso ad affresco.

 

Gli estesi sfondi dorati sono ottenuti in due tempi. Prima si applica un fondo di ocra rossa argillosa, untuosa, il cosiddetto bolo armeno stemperato in albume di uovo. Poi sul bolo sono incollate, uno dopo l'altra, delle lamine sottilissime di oro, decorate a pressione con punzoni metallici, con leggera sovrapposizione in modo da coprire tutto lo sfondo. 

Per decorazioni dorate più piccole, stelle su manti o in cielo, corone, raggi di luce ecc., le lamine di oro intagliate nella forma voluta sono fissate sulla missione. La missione è un collante oleoso applicato a pennello in modo da riempire la superficie da dorare. Sulla missione si può anche applicare direttamente oro in polvere, versato direttamente da una conchiglia. Da questo particolare è derivato il nome di doratura a conchiglia per l'oro in polvere fissato su un dipinto. Le piccole decorazioni dorate a rilievo (bombate) sono fatte con bolo armeno, i grossi rilievi dorati con gesso e bolo. 

Nella doratura è stato anche impiegato un giallo più economico dell'oro, chiamato oro  musivo o porporina, o similoro, un disolfuro di stagno, SnS2, steso ad olio sull'affresco secco. Questo pigmento però si decompone dando nel tempo una colorazione nerastra.Un altro giallo-oro è l’orpimento, As2S3, da Auri Pigmentum.  

L'affresco Romano è spesso (ma non sempre) monocromo con arriccio e intonaco molto spesso e ricchi in calce. La stesura di un solo colore è veloce e permette di affrescare vaste aree parietali. In questi casi l'affresco è una successione di pontate orizzontali (una al giorno), partendo dall'alto ed andando verso il basso. Osservando questi affreschi a luce radente si possono notare i giunti che connettono le varie pontate. La cosiddetta smaltatura pompeiana si otteneva usando una preparazione molto spessa e richiamando del liquido dall'interno premendo la superficie con un tampone. In questo modo si richiamava dall’interno molta calce che formava uno spesso velo cristallino sui pigmenti e conferendo alla pittura la vivacità cromatica tipica dello smalto. 

L'affresco Rinascimentale, in genere policromo e più elaborato del Romano, procede per giornate cioè per la parte affrescata in una singola giornata. Spesso la successione cronologica delle giornate è leggibile in un affresco.

 

Particolare nella parte superiore dell'affresco della Cappella di Giotto di Padova: i giunti tra le varie giornate sono visibili..

STRAPPO E STACCO                                                   torna sù

Il disegno preparatorio dell’affresco si può visualizzare usando radiazioni penetranti come i raggi X o radiazioni infrarosse IR (Cfr. LE TECNICHE DI ANALISI E DI STUDIO) o se il film pittorico deve essere separato dal supporto. Questo avviene quando per vari motivi (umidità, problemi statici, deterioramento del supporto, ecc.) il film pittorico deve essere risupportato, cioè trasferito su un nuovo supporto. Durante la seconda guerra mondiale, ad esempio, la maggior parte degli affreschi del Cimitero Monumentale di Pisa è andata perduta. Sono rimaste solo le loro sinopie ora esposte nell'adiacente Museo delle Sinopie

Lo strappo è una procedura traumatica per il dipinto poiché solo una parte del film pittorico è trasferita sul nuovo supporto con una consistente perdita della brillantezza originaria, attenuazione dei colori, ecc. Se possibile conviene lasciare il dipinto dove si trova e risolvere PRIMA i problemi del supporto e POI quelli del dipinto (pulitura eliminando lo sporco e il materiale alterato di precedenti restauri e della vernice, fermatura cioè fissazione del colore, eventuale fasciatura del supporto prima del consolidamento, ecc.).

In passato è stato anche praticato il cosiddetto stacco degli affreschi (etruschi in particolare). Lo stacco è la rimozione del supporto con relativo film pittorico per trasferire le pitture di necropoli o di posti isolati non sorvegliati in ambiente museale. E’ una procedura da non seguire perché il delicato equilibrio grazie al quale la pittura si è conservata per millenni nella necropoli (umidità, luce, ecc.) non è facilmente riproducibile anche in ambienti museali.

In fase di restauro è ammessa l'integrazione delle parti pittoriche mancanti purché l'integrazione non crei contrasti cromatici e sia distinguibile dalla parte originaria. In presenza di estese perdite tali da non consentire la lettura della pittura è ammessa la schematizzazione dei contorni delle figure su fondo bianco o monocromo. Non sono ammesse le aggiunte pittoriche indiscriminate e i rifacimenti alla moda. Più che il restauro dovrebbe essere privilegiata la routine della conservazione  (luce, umidità, temperatura ottimali) con l’obiettivo del mantenimento dello “status quo”.  

MEZZI LEGANTI E CARICA                                      torna sù

Nella tecnica pittorica dell'affresco il mezzo legante è la calce spenta e la carica è costituita dai granuli di pigmento. La calce spenta è fortemente basica e pertanto il mezzo legante dell'affresco non si accorda con molti pigmenti. Come tutti i mezzi leganti, la calce spenta è: 

In tutte le tecniche pittoriche sono sempre presenti un mezzo legante e una carica costituita da pigmenti. Nella seguente tabella sono riportati i media cioè i mezzi leganti usati nel Neolitico nella pittura parietale di grotte e nelle pitture rupestri e nelle classiche tecniche pittoriche ad affresco, encausto, tempera, olio e acquerello.

TECNICHE PITTORICHE

MEZZO LEGANTE

CARICA

PITTURE RUPESTRI, CAVERNE

Grassi animali e sangue, Argille, Melasse, Gomme e Resine Vegetali, ecc.

Pigmenti

AFFRESCO

Calce spenta

Pigmenti

ENCAUSTO

Cera di api

Pigmenti

TEMPERA-TEMPERA GRASSA

Proteine e/o Gomma e/o Resine e/o Oli

Pigmenti, Coloranti Organici

OLIO

Oli siccativi di lino, Noce, Papavero

Pigmenti, Coloranti Organici

ACQUERELLO, GUAZZO

Gomma arabica, Glicerina, Miele, Zucchero

Pigmenti, Coloranti Organici

 

ENCAUSTO                                                              torna sù

Oltre all’affresco anche la tecnica pittorica a encausto era nota agli Egizi, ai Greci, ai Romani e ai Cartaginesi (i Fenici di Occidente). La figura mostra un ritratto di giovane donna in encausto su legno (42 x 23 cm) del II sec A.D. E’ uno dei tanti ritratti, inseriti in corrispondenza del viso delle mummie, dette del Fayum, molto presenti nel Museo Egizio del Cairo.

I granuli di pigmento erano stemperati a caldo in cera di api liquida poi stesa a caldo sul supporto. La cera solidificando ingloba i granuli di pigmento. La cera di api è una sostanza solida formata prevalentemente da esteri di alcoli saturi ad elevato numero di atomi di carbonio (10-30) e di acidi grassi. Le cere sono degli esteri, come gli oli e i grassi, però diversamente dagli oli e grassi, in cui l'alcol è la glicerina, le cere non contengono glicerina.

Anche se i pareri sono ancora controversi, la cosiddetta Cera Punica sembra essere una variante dell'encausto formata da una emulsione di cera d'api trattata con idrato di calcio.

Qualche volta si parla di encausto anche a sproposito scambiando per encausto la cera stesa sulla superficie dei manufatti come protettivo idrorepellente. Poiché la cera usata come protettivo non contiene pigmenti l'analisi chimica può stabilire se si tratta di encausto o meno.

 

TEMPERA                                                                    torna sù

Oltre all’affresco e all’encausto anche la tempera è una tecnica pittorica molto antica. Il nome tempera deriva da temperare, cioè dall'operazione con cui un pigmento viene stemperato, diluito in un mezzo legante. Il termine tempera è un nome troppo estensivo in quanto in TUTTE le tecniche pittoriche i pigmenti sono diluiti in un mezzo legante. Oggi il termine tempera indica la tecnica pittorica che impiega come mezzo legante i materiali proteici (tuorlo d'uovo, albume, tessuti e colle animali, ecc.) o le gomme e le resine vegetali. Si usa distinguere la tempera magra (in cui il legante può essere il tuorlo d'uovo, il latte, il lattice di fico, i tessuti animali, le colle animali) dalla tempera grassa in cui sono presenti anche oli e vernici. 

OLIO

Alla fine del Cinquecento si è diffusa in Italia una nuova tecnica pittorica, attribuita generalmente ad artisti fiamminghi. Questa tecnica è detta ad olio perché il mezzo legante è costituito da oli siccativi, come l'olio di lino, di noce e di papavero.

Gli oli siccativi sono dei grassi vegetali in cui i pigmenti si stemperano facilmente dando per essiccamento all’aria un film sottile. La pittura può così essere stesa a pennello su una preparazione secca su muro, su tavola, su tela, su stucco, ecc.

Gli oli sono grassi vegetali costituiti da una miscela di trigliceridi di acidi saturi ed insaturi. Gli acidi  più presenti contengono una catena di 16 o 18 atomi di carbonio. Gli acidi saturi l'acido palmitico (C16, cioè con una catena di 16 atomi di carbonio) e l’acido stearico (C18). Gli acidi insaturi più presenti sono l'acido oleico (C18:1), l’acido linoleico (C18:2) e l’acido linolenico (C18:3), tutti con una catena di 16 atomi di carbonio ma con uno, due e tre doppi legami >C=C< rispettivamente. L'acido linoleico e il linolenico, in particolare,  tendono a polimerizzare grazie all'ossigeno dell'aria eliminando piccole molecole come gli acidi bicarbossilici, tipo l'acido glutarico (2C5), adipico (2C6), pimelico (2C7), suberico (2C8),  azelaico (2C9), sebacico (2C10) ecc. Gli acidi saturi non polimerizzano e restano inalterati nel film pittorico. Il processo di essiccamento e indurimento è favorito dalla presenza di luce ed aria e catalizzata da alcuni metalli. Il risultato complessivo è la formazione di macromolecole tridimensionali che inglobano i pigmenti dando un film trasparente, cromaticamente inattivo, stabile nel tempo.

Si noti come gli oli a scarso contenuto di acido linoleico e linolenico, come l'olio di cotone e di sesamo, polimerizzano con difficoltà. Altri oli sono detti semiessiccativi mentre l’olio di olivo o di cocco non sono essiccativi perché contenendo poco acido linoleico e linolenico invece di polimerizzare tendono a irrancidire perché la rottura del doppio legame non determina polimerizzazione ma la formazione di molecole di piccole dimensioni di odore sgradevole.

L'analisi chimica gascromatografica di un piccolo frammento di un dipinto, disponibile durante un restauro, può indicare se si tratta di pittura ad olio e e del tipo di olio usato dall’Artista. Questa informazione può essere di grande importanza nel corso di un restauro. Prima di effettuare l’analisi gascromatografica è necessaria una saponificazione preventiva mediante potassa alcolica, seguita da acidificazione e metilazione con diazometano del frammento di dipinto. Il principio di base è il seguente: l'acido palmitico e l’acido stearico sono saturi e non essendo coinvolti nella polimerizzazione si trova oggi quello che c’era nell'olio adoperato dall'Artista. Siccome il rapporto tra il contenuto di acido palmitico e acido stearico è specifico del tipo di olio si può sapere se si tratta di olio di lino, di noce o di papavero. Nella tabella seguente sono riportate le percentuali medie degli acidi grassi presenti nei vari oli siccativi.

 

OLIO DI LINO

OLIO DI NOCE

OLIO DI PAPAVERO

ACIDO PALMITICO

6

8

10

ACIDO STEARICO

4

3

2

ACIDO OLEICO

22

15

11

ACIDO LINOLEICO

15

61

76

ACIDO LINOLENICO

52

12

-

 

 

 

 

 

P/S = 1,5

P/S = 2,67

P/S =5

Come si nota il rapporto (P/S) tra la percentuale di acido palmitico e quella di acido stearico varia con il tipo di olio: 1,5 per l'olio di lino, 2,67 per  l'olio di lino, 5 per l'olio di papavero. Dati di questo tipo hanno permesso di accertare che, anche se il film pittorico a base di olio di lino ingiallisce nel tempo più di quello a base di olio di noce, l'olio più usato è stato quello di lino. L'uso dell'olio di papavero è ristretto al contesto francese nel XVII - XIX Sec.

L'uso di oli siccativi come mezzo legante in aggiunta ai materiali usati nella tempera ha aperto la strada alla sperimentazione e all'uso di nuovi ingredienti ampiamente praticato nelle Botteghe Rinascimentali. Nei periodi di transizione e di grande sperimentazione più mezzi leganti potevano essere usati nello stesso dipinto. Ad esempio l’usuale tempera (tempera magra) può coesistere con la tempera grassa ottenuta aggiungendo oli siccativi e cere. Questo perché la tempera a uovo è più luminosa di una pittura ad olio di lino. L'analisi gascromatografia può essere di aiuto in questi casi in quanto un rapporto P/S molto alto (circa 20, 30) può indicare l’uso di cere nel mezzo legante, mentre l’abbondante presenza di acidi bicarbossilici, come l’acido azelaico, può indicare la presenza di tempere.

Le ricette segrete non escono dalla Bottega e i manoscritti che descrivono lo “stato dell'arte” sono rari e spesso di difficile interpretazione. Una felice eccezione è "IL LIBRO DELL'ARTE" di Cennino Cennini. Purtroppo è particolarmente laboriosa l'analisi chimica del minuto frammento prelevato da un dipinto. Di conseguenza non è sempre facile definire quali materiali siano stati impiegati come mezzo legante.

La sperimentazione Rinascimentale ha riguardato non solo il mezzo legante ma anche il modo di dipingere:

-          tenue velature ottenute da vernici o lacche

-          strati sovrapposti di vari colori

-          uso di preparazioni colorate (tipo verde verdaccia) per far risaltare il colore dell'incarnato, ecc.

Cambiano i committenti in quanto ai chiesastici si aggiungono i ricchi laici e cambiano i soggetti da devozionali a familiari, personali. I supporti diventano mobili: dalla pittura murale si passa alla pittura su cavalletto, tavola, tela e alla pittura su legno scolpito, ecc.

 

ACQUERELLO                                                       torna sù

L'acquerello è una tecnica pittorica usata per millenni, a partire dai rotoli di papiro degli antichi egizi e nella pergamena medievale. In questa tecnica i granuli di pigmento sono stemperati in una soluzione acquosa di gomma arabica eventualmente addizionata con miele, glicerina, zucchero, ecc. La gomma arabica è un liquido ottenuto incidendo la corteccia delle acacie. E’' un polisaccaride solubile in acqua. Poiché l'ingestione di gomma arabica non è pericolosa, la gomma arabica è ancora usata come adesivo nel retro dei francobolli e delle buste postali. Oggi però si tende a sostituirla con l’alcool polivinilico, un prodotto sintetico più economico.

L’acquerello può essere steso su una superficie preparata a gesso, su carta e pergamena, su superfici di avorio, seta, vetro, ecc. Il legno deve essere preparato trattandolo con bianco d'uovo che lo rende impermeabile. Una superficie ad olio deve essere trattata preliminarmente con fiele di bue. I colori dell'acquerello sono brillanti perché la luce dopo aver attraversato il film trasparente e incolore del mezzo legante è riflessa dal bianco del supporto cartaceo.

Se i colori sono stemperati in una soluzione acquosa di sola gomma arabica la tecnica è detta a guazzo. Nel secolo scorso si usava "stabilizzare" i disegni ad acquerello stendendo sopra uno strato di gomma arabica.

PITTURA SU TAVOLA

Poiché l’affresco parietale è particolarmente soggetto al degrado, nel tempo, è stata anche usata la pittura su tavola. Nella pittura su tavola il supporto è costituito da una o più tavole lignee, ben stagionate, scelte accuratamente in modo da evitare imbarcamenti e rinforzate posteriormente da una armatura in legno. Il legno è locale e in Italia è molto presente il pioppo. Sulla tavola sono stesi teli di lino o di sacco, imbevuti di colla animale. Per iniziare la preparazione, chiamata IMPRIMITURA, si stendeva una mano di biacca bianca. Su questa si stendeva una prima mano di colla e quindi uno strato di gesso o di biacca e colla, ben lisciato dopo essiccamento. Sopra si stendeva un nuovo strato di gesso o biacca mescolato a colla e ben lisciato. Questo procedimento era ripetuto più volte fino ad avere una preparazione di gesso/colla di uno o due millimetri su cui si stendeva a pennello il film pittorico. 

Retro di dipinti su tavola

Particolare di un telaio rigido (a sinistra) e a cunei (a destra).

PITTURA SU TELA                                              torna sù

La scoperta della pittura su tela è attribuita ai pittori veneziani poiché le condizioni ambientali di Venezia alteravano rapidamente gli affreschi.  Un pittura su tela si sposta molto meglio di una su tavola però è molto più vulnerabile nel tempo. Nella pittura su tela si usava un pezzo di lino o di canapa per piccole composizioni o molti pezzi cuciti assieme per le grandi composizioni. Sulla tela ben tesa in un telaio ad espansione si stendeva la preparazione o IMPRIMITURA costituita da più mani di colla e gesso con eventualmente olio di lino cotto. Il disegno preparatorio era fatto su questa preparazione. Sopra il disegno era steso il colore a corpo e quindi le velature, cioè degli espedienti usati per ottenere particolari effetti cromatici.

La caduta del film pittorico permette di vedere la tela usata con trama a spina di pesce.

 

PIGMENTI MINERALI                                         torna sù

In Tabella sono indicati solo i pigmenti più usati con i relativi nomi inclusi i sinonimi latini (L) e rinascimentali riportati da Cennino Cennini (C) nel suo "Libro dell'Arte". Per ogni pigmento è indicato se si trova allo stato naturale (N) o la tecnica di preparazione se artificiale (A), la composizione chimica, il periodo di inizio e di fine uso, la tecnica pittorica di più frequente impiego. Alcuni pigmenti si "accordano" meglio con un particolare mezzo legante anche se non è da sottovalutare il "gusto" dell'artista. Alcuni pigmenti, come l'azzurrite o azzurro della Magna, l'oltremare, l'orpimento, il cinabro, il minio, il verderame e la biacca non si usano nell'affresco in quanto incompatibili con la basicità dell'idrato di calcio. Questi pigmenti però possono essere usati a tempera o ad olio sull'affresco secco. Alcuni nomi come quello di orpimento (Auri pigmentum, o quello di oro musivo o porporina o similoro (SnS2)  indicano chiaramente il loro uso al posto dell'oro. Altri nomi indicano la località di provenienza come Azzurro della Magna (Alemagna = Germania), Lapislazzuli (lapis Lazuli, Afganistan), Ultramarino (proveniente da oltremare), ecc.

Nei dipinti alcuni pigmenti possono essere parzialmente o totalmente alterati per una scelta sbagliata da parte dell’Artista, per fattori ambientali o per erronei trattamenti conservativi del passato. Ad esempio qualche strano cielo verde può essere dovuto al pigmento azzurrite (azzurro) che si è trasformato in malachite (verde). Qualche strano manto bruno può essere dovuto alla ossidazione della biacca (bianca) a biossido di piombo. L'alterazione dei pigmenti è sempre più presente negli affreschi che maggiormente possono risentire della umidità del supporto rispetto ai dipinti su tavola e su tela.

L'uso di pigmenti moderni, come l'ossido di zinco (ZnO) introdotto nel 1820, il blu di Prussia (Fe4[Fe(CN)6]3 = ferrocianuro ferrico) introdotto nel XVIII secolo, il biossido di titanio (TiO2) nel XX secolo, il blu di Thenard (CoO.Al2O3), ecc., permettono di datare un dipinto e di smascherare un falso.

 

NOME USUALE

 

NOME LATINO (L)

NOME IN CENNINI (C)

N = NATURALE
A = ARTIFICIALE

COMPOSIZIONE CHIMICA

INIZIO/FINE USO

TECNICA

BIANCHI

Bianco di S.Giovanni

C = Biancozzo

N, A

CaCO3

Preistoria/Rinascim.

affresco

Creta Bianca

L = Creta

N

Caolinite 

Preistoria/Romano

affresco

Biacca; Bianco di Piombo 

L = Cerussa
C = Biacca

N, A

2PbCO3.Pb(OH)2

Egizio/Tuttora

tempera, olio

NERI

Nero Carbone, Nero d'avorio

 

A= per calcinazione in difetto di aria

C+ impurezze

Preistoria/Tuttora

affresco, tempera, olio

Nero fumo

L = Atramentum

A= combustione di oli in difetto di aria e condensazione dei fumi su parete fredda

C

Egizio/Tuttora

affresco, tempera, olio

BRUNI

Terre Bruciate

Terre d'ombra e di Siena bruciate

N, A

ossidi di Fe e Mn

Preistoria/Tutt'ora

affresco

Bitume

Asfalto

N

miscele di idrocarburi pesanti

Egizio/XVIII Sec.

olio

GIALLI

Ocra Gialla , Limonite, Goethite

L = Sil Atticum
C = Ocra, Terra gialla

N

FeO.OH 

Preistoria/Tuttora

affresco, tempera, olio

Orpimento

L = Auri pigmentum
C = Orpimento, Giallo del re

N

As2S3

Preistoria/Tuttora

tempera, olio

Litargirio

L = Spuma argenti, Massicot

A = per calcinazione della biacca sotto i 500°C

PbO

Romano/Tuttora

tempera, olio

Giallo di Pb e Sn

C = Giallorino

A= per calcinazione di composti di Pb/Sn

Pb2(SnO4)

XIII/XIV Sec

affresco, tempera, olio

Giallo di Napoli

Giallo di antimonio

A =per calcinazione di composti di Pb/Sb

Pb3(SbO4)2

Egizio-Romano e dal XVI Sec/oggi

tempera, olio

ARANCIONI

Realgar

L = Sandaracha
C = Risalgallo

N

AsS

Romano/XII Sec

tempera, olio

ROSSI

Minio

L = Cerussa usta
C = Minio, Rosso di Piombo

A= per calcinazione della biacca sopra i 500°C

Pb3O4

Greco/Tuttora

tempera, olio

Ocra Rossa , Ematite

L = Rubrica
C = Amatisto, Terra Rossa, Rosso Toscano, Rosso Veneziano, Terra di Marte

N

Fe2O3

Preistoria/Tuttora

affresco, tempera, olio

Cinabro

L = Minium
C = Vermiglione

N

HgS

Greco/Tuttora

tempera, olio

VERDI

Terra Verde

L = Creta Viridis
C = Terra Verde,Terra di Verona

N

Silicati di Fe, Al, Mg, K

Greco/Tuttora

affresco, tempera

Malachite

 

N

CuCO3.Cu(OH)2

Egizio/XVII Sec

tempera, olio

Verderame

L = Aerugo
C = Verderame

A = corrosione lastre di Cu esposte all'aceto

Acetati basici o neutri di Cu

Romano/XVIII Sec

tempera, olio

AZZURRI

Oltremare , Lapislazzuli

C = Azzurro Ultramarino

N

3Na2O.3Al2O3

.6SiO2.Na2S

XI/XVII Sec

tempera, olio

Blu Egizio

L = Caeruleum
Fritta d'Alessandria

A = calcinazione di calce, malachite e silice

CaO.CuO.4SiO2

Egizio/IX Sec

affresco

Azzurrite

C = Azzurro della Magna
L = lapis armenius

N

2CuCO3.Cu(OH)2

Romano/XVII Sec

tempera, olio

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TECNICHE PITTORICHE IN SENSO LATO

Per fissare un colore su una preparazione (intonaco, tessuto, legno, carta, pergamena, metallo, ecc.) sono disponibili oltre ai pigmenti minerali anche coloranti organici di origine vegetale e animale. Le tecniche di fissaggio del colore dipendono dalla NATURA del pigmento o del colorante organico.

 

Þ I pigmenti minerali sono insolubili in acqua, poco trasparenti e hanno un buon potere ricoprente. I pigmenti minerali hanno corpo e colore e il fissaggio del colore richiede solo un mezzo legante. I pigmenti minerali (cristallini) richiedono un legante che trasformandosi in mezzo trasparente incolore ingloba i pigmenti senza interagire chimicamente. Il mezzo legante caratterizza la tecnica pittorica.

 

Þ I coloranti organici sono trasparenti ed hanno scarso potere ricoprente. Si dice che i coloranti organici hanno colore ma non hanno corpo. Questo vuol dire che per fissare i loro colori è necessario ancorare il colore ad un corpo. In generale è necessario ancorare il colorante organico ad un supporto non colorato (corpo) per fornire a questi il colore del colorante. 

 

A) PIGMENTI MINERALI

 

INSOLUBILI IN ACQUA, IN OLI, IN POLISACCARIDI, IN PROTEINE

B) COLORANTI ORGANICI: solo il Kermes, la cocciniglia e la porpora sono di origine animale tutti gli altri sono di origine vegetale. 

  1. SOLUBILI IN ACQUA:
  • VERZIN O BRASILE Þ LACCA ROSSA

 

  1. POCO SOLUBILI IN ACQUA:
  • KERMES Þ LACCA ROSSO-BRUNA
  • COCCINIGLIA Þ LACCA ROSSA
  • ROBBIA Þ LACCA ROSSA
  • ERBA GUALDA Þ LACCA AZZURRA

 

  1. INSOLUBILI IN ACQUA:
  • PORPORA DI TIRO Þ PORPORA
  • INDACO Þ AZZURRO

 

 

Diversamente dai pigmenti minerali che sono insolubili in acqua, i coloranti organici sono più o meno solubili in acqua. Il loro fissaggio al supporto richiede un intermediario trasparente e incolore con interazioni chimiche più o meno profonde.

(Per ulteriori informazioni ciccare Tecnichegradec.htm ).

IL CONSOLIDAMENTO DEI DIPINTI

Schema di consolidamento di dipinto su tela/tavola (sinistra) e affresco (destra).

L'entrata del consolidante, applicato localmente con siringa, è agevolata dal vuoto parziale, ottenuto con una pompa da vuoto, nello spazio limitato dal telo plastico a tenuta.

STUCCHI                                                               torna sù

Gli stucchi sono degli impasti in cui avvengono processi di presa. Lo stucco è un impasto plasmabile ad umido e facilmente lavorabile a secco. Il mezzo legante è costituito da gesso anidro, cioè da solfato di calcio, con eventuale aggiunta di calce spenta. Le aggiunte sono state le più varie a seconda degli effetti e delle sfumature cromatiche desiderate spesso imitanti un materiale (pietra o marmo) più pregiato. Oggi il termine stucco viene usata in senso estensivo per indicare una qualsiasi decorazione a rilievo. 

Il gesso inumidito può essere lavorato a mano per formare modelli. Il processo di presa avviene grazie ad una serie di reazione che trasformano il gesso anidro CaSO4 e il gesso semiidrato CaSO41/2 H2O (mezzo legante) in gesso biidrato CaSO4.2H2O (mezzo non legante). Il gesso CaSO4.2H2O cristallizza formando una serie di aghi che creano una tessitura completa (fenomeno di presa). Una volta seccato questo stucco può essere lavorato, traforato, decorato, dipinto, ecc. Altri materiali sono la scagliola formato da semiidrato e biidrato ed il gesso da presa formato da biidrato. 

Gli stucchi a base di gesso e colla animale sono oggi molto usati nel restauro di dipinti per eliminare le eventuali lacune presenti. La stuccatura viene reintegrata pittoricamente. 

Esempi di uso dello stucco per riempire cavità esterne, interne e far aderire parti a bordi irregolari.

ALCUNE TECNICHE DI ANALISI                                        torna sù

SEZIONI SOTTILI (CROSS SECTIONS)
E' necessario un piccolo prelievo degli strati sovrapposti presenti nel reperto: pittura su qualunque supporto, vecchi restauri su qualunque supporto, croste nere, ceramiche ecc. Per rendere manipolabile il frammento prelevato lo si include in una matrice plastica incolore e trasparente. La matrice plastica è frazionata in sezioni sottili incollate su un vetrino da microscopia. In questo modo è possibile studiare i vari strati del reperto utilizzando le tecniche più opportune.

MICROSCOPIA OTTICA
La microscopia si chiama ottica perché si usa luce bianca. Sono in genere usati stereomicroscopi binoculari con ingrandimenti 50 x, 500 x, 1000 x e gli studi sono condotti in riflessione e in trasmissione. I microscopi ottici hanno come limite teorico inferiore la la lunghezza d’onda della luce (4 000-7000 Å; 1 Å = 10-8 cm): Poiché la risoluzione aumenta con l'energia della luce ed è pertanto bassa con luce rossa e massima con luce violetta, i microscopi ottici possono essere dotati di svariati accessori: lampade ultraviolette a corta lunghezza d’onda (UV), lampade infrarosse a grande lunghezza d’onda (IR), polarizzatori, macchine fotografiche con pellicole sensibili alle radiazioni UV e IR, computer ecc.

MICROSCOPIA ELETTRONICA
In questa microscopia non si usa la luce visibile ma un fascio di elettroni. Gli elettroni hanno energia maggiore e pertanto lunghezza d'onda minore di quella della luce. Con i microscopi elettronici si supera il limite inferiore della luce e pertanto si possono avere ingrandimenti maggiori e definizioni migliori di quelli della microscopia ottica. Esistono due tipi di microscopia elettronica: quella a scansione e quella a trasmissione.

1) La microscopia elettronica a scansione (SEM scanning electron microscopy) è particolarmente adatta per studi di SUPERFICIE del reperto. L’ingrandimento massimo è di circa 20 000 x. Si parla di scannino perché il fascio elettronico può eseguire una scansione programmata della superficie del campione. L'immagine è formata dagli elettroni secondari emessi dalla superficie del campione colpito dal fascio elettronico. Oltre a elettroni secondari, ogni atomo del campione emette raggi X specifici dell'elemento.

2) La microscopia elettronica in trasmissione (TEM transmission electron microscopy) è adatta per studi IN PROFONDITÀ del campione con un ingrandimento massimo 1 000.000 x. Il fascio di elettroni attraversa il campione e l'immagine è data dagli elettroni trasmessi. Lo svantaggio della microscopia TEM è l’essere una tecnica molto specialistica, costosa e con risultati spesso difficili da ottenere e da interpretare.

Le microscopie SEM permette di osservare dettagli della superficie del campione su schermo e su lastra fotografica. Il SEM è generalmente dotato di una microsonda che permette una analisi semi-quantitativa della composizione chimica di  punti della superficie del campione. La microsonda in base alla lunghezza d'onda e alla intensità dei raggi X emessi individua l'elemento e la sua quantità relativa. Le misure con microscopia SEM sono abbastanza facili da fare e da interpretare. E' però necessaria una preliminare preparazione del campione per rendere la sua superficie conduttrice con uno strato di oro o di grafite.

ANALISI MICROCHIMICA
Per decidere se un componente chimico è presente o è assente in un reperto è spesso sufficiente un rapido test. Il difetto di questi test è che non sono specifici. L'osservazione è fatta al microscopio su vetrino.

Alcuni esempi:

TECNICHE FOTOGRAFICHE SPECIALI
Sono particolarmente importanti per lo studio dei dipinti.

  1. RIFLETTOGRAFIA INFRAROSSA, consente di osservare i disegni preparatori e i pentimenti eventualmente presenti sotto un film pittorico. La tecnica si basa sull’aumento dell’indice di rifrazione con la lunghezza d'onda della luce incidente. Andando dall’ultravioletto all’infrarosso, l’indice di rifrazione e la deviazione del raggio luminoso aumentano. L’infrarosso è la radiazione più deviata, l’ultravioletto quella meno deviata. La maggiore deviazione permette di esplorare profondità maggiori del dipinto, perché l’infrarosso raggiunge il disegno preparatorio subendo qui una riflessione che lo porterà sulla pellicola sensibile. 

 

  1. RIFLETTOGRAFIA ULTRAVIOLETTA, evidenzia dettagli superficiali come precedenti restauri precedenti, differenze nei pigmenti bianchi, ecc . L’ultravioletto è il meno deviato e l’esplorazione è solo superficiale. La radiazione ultravioletta è molto energetica ed è assorbita dagli atomi. Parti nuove e antiche, anche se formate con gli stessi elementi chimici, si distinguono perché il loro stato chimico è diverso (diverso grado di polimerizazione, interazioni diverse, ecc.).

 

  1. FLUORESCENZA è il fenomeno per cui la luce ultravioletta che colpisce un materiale non solo è riflessa ma in parte assorbita generando anche una radiazione a energia minore e pertanto colorata se cade nel visibile. I colori di fluorescenza, specifici per alcuni materiali, sono riportati in atlanti. Ad esempio il bianco di zinco dà una colorazione giallo canarino, la lacca una colorazione rosa arancio, il giallo indiano una colorazione giallo oro ecc. Poiché la fluorescenza della vernice dei dipinti può mascherare quella del film pittorico, la vernice deve essere eliminata prima della misura. La fluorescenza permette di differenziare la pittura originaria che presenta una tonalità verde gialla dai rifacimenti, le integrazioni ed i restauri più recenti che appaiono scuri. Questo perché l'invecchiamento determina più forti interazioni chimiche tra leganti e pigmenti con formazione di composti che sono fluorescenti.

 

  1. RADIOGRAFIA A RAGGI X utilizza i raggi X, molto penetranti, per vedere attraverso il film pittorico rivelando pitture sottostanti, pentimenti, scritte, firme nascoste, anomalie strutturali, lacune, ecc. I raggi X possono essere usati anche per evidenziare la presenza di perni, chiodi e parti metalliche in un manufatto. La tecnica si basa sul fatto che gli elementi pesanti come il piombo, mercurio, ferro, ecc. hanno un assorbimento X molto maggiore degli elementi leggeri che sono quasi trasparenti. La radiografia è un insieme di luci ed ombre in corrispondenza delle parti non assorbenti e assorbenti.

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A cura del:

  Prof. Sandro CALOGERO, Dipartimento di Chimica Fisica, Università di Venezia,